martedì 7 giugno 2011

in metropolitana

Diciamolo.. noi milanesi, cittadini di una metropoli che pare non fermarsi mai, ci sentiamo rappresentati (purtroppo) da quelle 3 linee che si dipanano sotto terra: gialla, rossa e verde. E ci sorprendiamo a chiedere: dov'è quel determinato posto? Sulla gialla, la rossa o la verde? Come se le nuove coordinate geografiche avessero improvvisamente assunto un colore.

E così ogni mattina e ogni sera, 7 giorni su 7, mi siedo (quando sono fortunata) tra giornali, cellulari, i-phone, i-pad e i-qualsiasi cosa e mi sorprendo ad osservare chi mi circonda. Dico chi, non che cosa, anche se sembrerà strano, perchè il mondo della metropolitana mi affascina, in quanto "ponte" tra un luogo ed un altro.

A tutti quelli che la pensano come me dedico una delle scene principali di un piccolo capolavoro, La leggenda del re pescatore,(Terry Gilliam, 1991), che si svolge interamente nella stazione centrale della metropolitana di New York. E'qui che Robin Williams vede la donna che ama, pur senza conoscerla. Lui sta lì, immobile, e la aspetta al solito orario: basta un attimo e, nel momento in cui la vede, la metropolitana si trasforma in una sala da ballo e le persone, passeggeri estranei e frettolosi, iniziano a danzare.

Scena romantica e magica per un film magistralmente girato da Terry Gilliam e interpretato da Robbin Willams e Jeff Bridges: favola metropolitana d'amicizia e d'amore per tutti quelli che - ogni tanto - vorrebbero sognare anche a Milano. Anche in metropolitana.


http://www.youtube.com/watch?v=PHbr_8mmu_c

giovedì 21 aprile 2011

uomini versus donne

Una donna e due amici insieme per 3 giorni (con la comparsa di figli/e & improbabili amanti che forse desiderebbero diventare altrettanto improbabili fidanzate). Lei - in preda a sbalzi d'umore tutti femminili - passa il tempo a rimuginare su amori che forse erano solo calessi e si adombra ad ogni nuvola che le sorvola la testa boccolosa; loro sghignazzano sulle note di battute e canzonette di un tempo ormai pericolosamente lontano, alternandole a citazione dantesche. Discorso ricorrente: uomini, donne e ciò che - nonostante tutto - continuano a volere gli uni dagli altri: il sesso.

Sì lo so, non è solo questo, ma ogni tanto mi chiedo se questo nostro continuo scambiarci numeri di telefono, ammiccare, sedurre, corteggiare, flirtare sia dovuto ad un semplice "fattore pelle": per chi si pone questa domanda, assolutamente imperdibile il film di Denys Arcand, Il declino dell'impero americano.

Il film, satirico, ironico, sorretto da dialoghi precisi e taglienti, si svolge in una casa (incredibile analogia con il mio weekend) dove un gruppo di intellettuali (uomini) discute su i propri rapporti con le donne, che nel frattempo stanno facendo body building in una palestra vicina, scambiandosi confidenze sui propri compagni. Tutto sembra filare liscio, ma il confronto con l'altro sesso è più difficile del previsto, per cui, quando il gruppo si ricompone, gli equillibri si spezzano.

Da non perdere il dialogo su corteggiamento - discoteca & sesso: dedicato a tutte quelle donne che DAVVERO credono di essere uniche e speciali, a tutti quegli uomini che seducono per gioco più che per convinzione, e - in particolare - a M e A.

http://www.youtube.com/watch?v=etgwoRMBgcw&feature=related

martedì 12 aprile 2011

Welcome to Italy!

Leggiamo tutti i giorni - nell'ultimo periodo - di immigrati che contnuano a sbarcare a Lampedusa, di come accoglierli, smistarli in Italia o in Europa, rimandarli indietro, aiutarli, salvarli, proteggere la nostra economia, i nostri posti di lavoro, le nostre vite, eppure nessuno si chiede quello che mi interesserebbe sapere. Quali siano le loro storie. Proprio così: cosa raccontano i loro occhi terrorizzati e i visi stravolti, cosa c'è dietro a quelle teste chine mentre vengono reimbarcati su un'altra nave che li riporterà in un luogo che era il punto di partenza e che ora diventa punto di arrivo.

Film bellissimo sull'argomento è Welcome (2009) di Philippe Loiret con Vincent Lindon. Storia di un giovane curdo, Bilal, che attraversa l'Europa in modo roccambolesco per raggiungere la sua amata in Inghilterra.Eppure il suo viaggio si ferma in Francia, in un paesino sulla Manica che rimane l'ultimo ostacolo con il suo futuro. E - dopo aver provato a superarlo in modo clandestino - si onvince che l'unico modo per attraversare lo stretto - anche se improbabile e spaventoso - è farlo a nuoto: per questo prende lezioni di nuoto alla piscina comunale, dove conosce Simon, il suo insegnante, la cui vita è stata spezzata dalla fine del proprio matrimonio. Tra i due nasce un rapporto di amicizia e solidarietà, che li unisce contro una società razzista, nascosta dietro ad un perbenismo d'etichetta.

E' il racconto di un ragazzo cocciuto che è scappato dalla propria terra per una nuova vita; di un uomo che non riesce a dimenticare un amore e a ricominciare da oggi, ma soprattutto di un mondo che, dietro ad uno zerbino con su scritto "WELCOME" si chiude su se stesso, terrorizzato dal "diverso"

Per tutti coloro che in questi giorni si stanno facendo molte domande

http://www.youtube.com/watch?v=dvImtvPyVlc

giovedì 31 marzo 2011

televisione o libertà?

Non so se a voi è mai capitato, ma ogni tanto mi sembra di essere osservata da centinaia di occhi invisubili: stanno lì, incollati dietro a telecamere che ci monitorano giorno dopo giorno, a leggere, spiare e registrare tutti i miei movimenti, silenziosamente catalogandoli sotto la lettera "C". Li sento, nascosti dietro ai portali che visito abitualmente, alle strade che percorro a memoria, alle vetrine nelle quali mi rispecchio come per caso, alle telecamere che osservano i tipi di verdura che compro in un supermercato di provincia.

Non c'è nulla da fare, solo essere consapevoli di essere vittime di una società sempre più vojeurista ed apprezzare il fatto di saperlo. Perchè - e mi viene spontaneo il paragone - pensate a Truman, l'ignaro protagonista del capolavoro di Peter Weir (The Truman Show, 1998), cosa deve significare essere il personaggio principale di un reality show senza saperlo?

Per Truman è proprio così: la sua vita non ha nulla di vero, in quanto governata da un regista-dio onnipotente e costantemente spiata da centinaia di telecamere che la proiettano nelle case di tutto il mondo. E così, prima che i reality diventassero un nuovo modo di fare televisione, Weir ci stupisce raccontando una favola (reale) dei nostri giorni che dovrebbe fare pensare e riflettere: la curiosità dei telespettatori che vogliono osservare, sapere, conoscere, entrare in una vita che finiscono quasi per non rispettare più, l'essere spietato di un regista-autore che crede di potere gestire la vita di quello che considera come "suo" figlio, l'ostinazione di un uomo che vuole vivere la sua verità.

Commovente, terribile, e straziante il dialogo finale tra il Creatore di uno show televisivo e la star, che scopre che non c'era verità nella sua vita e forse non ci sarà nemmeno nel mondo reale: ha paura, non sa se rimanere o andare eppure, con un atto di grande coraggio, si congeda dal suo pubblico con un inchino e inizia a vivere

A tutti coloro che - ogni tanto - pensano di non essere liberi fin in fondo.

martedì 22 marzo 2011

come una fenice

Una cosa che mi ha sempre affascinato sono i contrasti e le contraddizioni insite nell'essere umano.Il lato buio, oscuro, lo ying-yang, l'essere che si evolve e finisce per diventare altro.

Pensiamo alla danza classica, ad esempio: che dire, poesia, eleganza, corpi statuari che diventano energia, note che scivolano addosso. O almeno così ci è sempre stata presentata al cinema che si è focalizzato sul suo lato leggero e poetico, su tutù bianchi che spiccano il volo, leggeri e quasi privi di alcuna carnalità. Ma la danza non è solo questo e il film di Aronofskj, The Black Swan, lo dimostra, mettendo in luce la fatica, i piedi distrutti da ore di prove e punte di gesso, la necessità di avere un totale controllo di corpo e anima, la rivalità tra colleghe e l'ingannevolezza del successo, che si conclude con un semplice spegnersi delle luci.

Ma ciò che è affascinante e quasi seducente nel film di Aronofskj è la lotta umana per vincere ed affermarsi sul proprio io, il desiderio di liberarsi del proprio corpo, di cambiare carne e trasformarsi in qualcosa che si sente pulsare nelle vene. E' il processo attraverso cui il cigno bianco - innocente e casto - si trasforma in quello nero, sensuale e carnale. Il momento in cui l'adolescenza trapassa nella maturità e in una rinascita che significa anche "morte". Perchè il cambiamento, l'evoluzione, non può che essere rappresentato dalla fenice che brucia e poi rinasce dalle proprie ceneri.

Dedicato a tutti colori che stanno bruciando, o che sono rinati più volte. A tutti coloro che, per qualche inspiegabile motivo, sanno di essere un po' fenici.

lunedì 14 marzo 2011

Salire su un ring - The fighter

Amo i film sulla boxe, lo ammetto: film di eroi moderni che prendono a cazzotti la vita e sfidano qualcosa di molto più importante di un avversario. Boxe e film è un'unione spettacolare, forse perchè il genere di sport lo è: non ci sono appelli, secondi tempi, gironi di ritorno, nulla. Si sale sul ring e ci si gioca tutto fino in fondo, sapendo che quello che è c'è in campo è più di un titolo, ma la vita stessa. Quella da cui si proviene e quella che batte dentro ad ognuno di noi.

Di film sull'argomento ne sono stati fatti a decine, eppure qualcosa di nuovo è stato detto recentemente dal film The Fighter (David O. Russell), il vero trionfatore (almeno per ciò che mi riguarda) agli Oscar 2010.

Storia (vera) di Mickey Ward e suo fratello Dicky (spettacolare e irriconoscibile Christian Bale), tutti e due pugili, tutti e due vittime di una madre manager e di una famiglia di sole donne, tutti e due che cercano il proprio percorso. Dicky l'ha trovato in una vittoria contro Ray Sugar Leonard e poi nel crack, discesa negli inferi di un uomo troppo debole. Il secondo invece lo trova nel riscatto che lo porta lontano dalla famiglia e dal fratello, gli insegna un nuovo modo di amare e lo fa diventare non solo campione del mondo, ma uomo. Perchè la boxe è uno sport da grandi e solo crescendo si può vincere, anche contro se stessi.

Bel film, che insegna tanto sui rapporti familiari più che sulla boxe, vera e propria metafora della vita: a tutti coloro che sono andati lontano per ritornare alle loro origini.

martedì 8 marzo 2011

festa della donna: per tutte noi che corriamo con i lupi

Oggi, e non solo oggi, sono orgogliosa di essere donna. O femmina, come a volte ci chiamate voi uomini in modo ironico e sprezzante. Consapevolmente innamorata del mio essere femminile, di quel "sentire" che ci accomuna tutte, lontane e vicine, al di là di differenze culturali, religiose, anagrafiche, sociali e di razza. Semplicemente donne.

A tutte noi, ma proprio a tutte, dedico e consiglio un film unico , acclamato a Venezia e candidato all’Oscar 2010 come migliore film straniero: La donna che canta (Incendies) di Denis Villenuve. Film che colpisce, commuove e ferisce, è la storia (forse un po’ troppo strutturata ed inverosimile) di una donna libanese, Nawal, il cui cuore arde fino a farle rischiare anche la sua stessa vita, di una figlia che non ha paura di conoscere la verità e di un Paese distrutto da un conflitto.

Nawal siamo tutte noi, vittime d’amore e d’odio, coraggiose e ostinate, animate da una forza che non ha nome ne’ limite e che ci manda avanti, giorno dopo giorno. La sua storia – in un Libano devastato da conflitti - non può essere la nostra, eppure ci si riconosce in lei, nelle sue scelte azzardate e istintive, nel suo “sentire” prima di “capire”, nella freddezza apparente nella quale si rinchiude nella seconda parte della sua vita, quella dedicata ai due gemelli Jeanne e Simon.

Eppure il destino la perseguita e con un atto finale inverosimile ma di disumana bellezza la tramortisce: il cerchio improvvisamente si chiude, ed è il momento in cui tutto è chiaro, quello che ognuna di noi cerca, in se stessa o nel mondo che ci circonda.

Un film sull’amore che vince sull’odio, sul bisogno e la voglia di ritrovarsi, dedicato a tutte quelle donne che “corrono con i lupi”, l’essere “naturale” e selvaggio che si nasconde in ognuna di noi. E - perché no – dedicato anche a quegli uomini che sanno correre con le donne.

http://www.youtube.com/watch?v=FpccF5GCzJI

venerdì 4 marzo 2011

Primavera

Aria di primavera, sottile e timida, che s'infila tra le persiane, sotto le lenzuola, nelle fessure dimenticate e ci sorprende, immobili nel nostro gelo invernale. Aria di rinnovamento, di desideri sopiti che riemergono, di freschezza e di una danza leggera.

Film che ricollego a questo stato d'animo è IO BALLO DA SOLA (Bernando Bertolucci), intepretato da una semi esordiente (e bellissima) Liv Tyler nel ruolo di Lucy, giovane e poetica ragazza di 18 anni che sconvolge la vita di un casolare in Val D'Orcia, dove vive un gruppo di artisti amici della madre. Lucy, con la sua sensualità innocente, tocca gli spiriti, arrossisce, si muove alla ricerca delle proprie origini e il germogliare di qualcosa di nuovo, che semplicemente non può non accadere.

Film primaverile per eccellenza, capace di trasmettere la sensazione delicatissima di una vita che ribolle, intensa e piena di energia, è la storia di una nuova stagione che incontra, per un breve istante, un'altra che sta finendo. Si sfiorano appena, quasi per caso, eppure dopo nessuna delle due sarà più la stessa.

Consigliato a chi si ferma in mezzo allla strada, si slaccia la giacca e annusa l'aria: ecco, quella è la primavera.

giovedì 3 marzo 2011

il desiderio dell'onda

Cosa manca a noi cittadini di città sempre meno umane? Ogni tanto, come questa mattina, me lo domando. Poi arriva l'intuizione, quel momento in cui senti quello che davvero ti manca: un'onda.

Sì, proprio così: l'emozione di un'onda fragorosa, potente ed azzurrissima che si abbatte davanti al tuo naso. Un'onda che significa elettricità, fantasia, libertà, voglia di ricominciare, di volare, di sentirsi per qualche istante sole, vento, acqua e spuma. Un'onda da guardare e cavalcare con i capelli al vento e la pelle che cerca sole, ancora e ancora.

A tutti quelli che "sentono"il richiamo dell'onda, consiglio di vedere "Point Break" di Katryn Bigelow, un film che è un vero e proprio inno alla libertà, alla voglia di vivere (anche se pericolosamente), di amare, di rischiare.

Point Break è il punto di rottura, il punto di non-ritorno, l'attrazione per l'acqua che apre e chiude il film, ma anche per qualcuno di totalmente diverso da noi, che ci mostra un lato di noi stessi impensato ed impensabile.

Storia di un gruppo di surfisti che rapinano banche e di un poliziotto che, per incastrarli, si unisce a loro appassionandosi al loro stile di vita e al surf, storia di un'amicizia pericolosa che non può essere ma nemmeno non essere, di una sfida con la morte e la vita sempre più incalzante, sempre più intensa, sempre più appassionante.

Altamente consigliabile a chi ha voglia di quel "qualcosa in più"

lunedì 28 febbraio 2011

donne, cappelli e film

A Milano, in queste settimane, ci sono due mostre che riguardano in modo diretto il cinema e che consiglio assolutamente di vedere

PER DONNE CORAGGIOSE E LIBERE
- Donne senza uomini (Shrin Neshat), Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale - fino al 9 marzo. Ingresso 5 euro

Per tutte quelle donne che non hanno visto il film dell'artista iraniana (Donne senza uomini) questo è un'appuntamento imperdibile. Perchè il film, per quanto artificioso, è di grande impatto visivo e sorretto da una fotografia quasi impeccabile che seduce e conduce attraverso la storia di 4 donne nell'Iran degli anni 50, quando con un colpo di Stato appoggiato dagli americani venne restaurato lo Shah.

Protagoniste 4 donne che amano, combattono, si ribellano, si perdono e si ritrovano sole, più coraggiose che mai: Fahkri, una donna di mezza età che è sposata ad un uomo che non ama più, ma non rinuncia all'amore per una vecchia fiamma; Zarin, una prostituta che non vede più i volti dei suoi clienti; Munis, che vorrebbe vivere "il proprio tempo", ma non può farlo perchè imprigionata in un isolamento impostole dal fratello e infine Faezeh, che vive in un mondo parallelo, intriso di fantasie d'amore per il fratello di Munis.

La mostra allestita a Palazzo Reale permette di rivedere il film che scorre su quindici schermi distribuiti nella sala ed è assolutamente consigliabile a chi ha perso "Donne senza Uomini". A tutte le altre, che magari si aspettano quel "qualcosa in più" rispetto al lungometraggio, direi di soprassedere e scegliere qualcosa di molto più originale.

PER DONNE, UOMINI DI STILE E CINEFILI INCALLITI
Il cinema con il cappello. Borsalino e altre storie. Triennale, fino al 20 marzo 2011. Ingresso libero

Il cappello al cinema? Magari non a tutti viene in mente, ma è il vero protagonista di alcuni dei film  più belli del passato e del presente. Cappelli come strumenti di seduzione, come staus symbol, come elemento che inquieta oppure fa sorridere, come oggetto che nasconde la vera identità oppure sottolinea caratteristiche uniche del personaggio.

Bellissima mostra, ben allestita e strutturata in "salette" dove scorrono le immagini di alcuni dei "cappelli" più famosi della storia del cinema, organizzati per ambiti tematici. Da vedere con calma, magari cercando di indovinare i film dai quali sono tratte le immagini.

Suggestiva l'installazione dove si viene "bersagliati" da lettere che piovono dal cielo e che, unendosi, ricompongono i nomi di diversi modelli di cappelli.


giovedì 24 febbraio 2011

l'amore e il lieto fine

Rimanere fino alle 3 del mattino con un'amica a parlare d'amore: telefono, sigarette e un bicchiere di vino che diventano due, tre e poi quattro. Parole, risate, due voci distanti che si incontrano in un punto qualsiasi della notte, poi mettere giù il telefono, raccattare il gatto che sonnecchia sul tavolo fingendo di essere interessata alle nostre chiacchiere di donne ed andare a dormire con un pensiero fisso: dov'è la magia, il segreto per cui, alle due del mattino, ci troviamo ancora a parlare dell'altra parte del cielo, come lo definiva meravigliosamente Vecchioni?

Non lo so, davvero. Forse abbiamo bisogno di soffrire, di illuderci, di credere in un film che non esiste se non nelle nostre teste, un po' come insegna una commedia americana degli ultimi anni che dimostra come anche i film romantici possano reinventati.

Perchè come dimostra La verità è che non gli piaci abbastanza, se ad un uomo non piaci abbastanza, non ti chiamerà, e se ad una donna non piaci davvero, si proporrà solo come amica, salvo cadere nel tranello del "contatto-per-tenerezza-seguito-da-repentino-ripensamento".  Certo, ci sono anche quegli uomini che hanno paura dei legami troppo vincolanti e che rifiutano l'idea del matrimonio, oppure quelli che si sposano per dovere e continuano a tradire con amiche sexi. E ancora donne maniache dell'ordine, altre schiave di un contatto on-line e altre alla perenne ricerca di se stesse.

Peccato il finale rosa del film, mi sono detta mentre stavo per cedere al sonno, e poi ecco un'ultima frase che mi sono sorpresa a pensare senza che (forse) mi appartenga davvero: "O forse il lieto fine è questo: sapere che nonostante le telefonate non ricevute e il cuore infranto, nonostante tutte le figuracce e i segnali male interpretati, nonostante i pianti e gli imbarazzi, non hai mai e poi mai perso la speranza".

Ci credo ancora? E voi? 


http://www.mymovies.it/trailer/?id=55358

martedì 22 febbraio 2011

la filosofia del bacio

Qualche settimana fa La Repubblica ha riportato i dati di uno studio sul bacio che mi ha fatto pensare: perché ridurre a semplice analisi il bacio, uno dei gesti più ancestrali che appartengano all’essere umano? Che importanza ha stabilire quali siano le dinamiche – fisiche o mentali che possano essere – alla base di due labbra, due salive, due lingue che diventano una? Insomma, mi sono chiesta, stiamo assistendo alla morte del romanticismo?

Forse sì, forse dobbiamo continuamente analizzare, capire, sezionare dimenticando la semplicità di un bacio, e forse proprio per questo motivo mi sono sorpresa a pensare – mentre le leggevo le ultime parole dell’articolo – alla scena cinematografica più romantica che ricordi.

L’immagine di Jacques Perrin (Salvatore) seduto nel cinema vuoto a rivedere tutti i baci censurati nei film della sua infanzia, per me è davvero indimenticabile e chiude perfettamente Nuovo Cinema Paradiso, capolavoro di Tornatore. Regalo di Alfredo (Philippe Noiret), amico, mentore, padre, insegnante, i baci più famosi della storia del cinema scorrono davanti agli occhi di Salvatore e di tutti noi, che improvvisamente siamo in quel cinema e ci sorprendiamo a ricordare tutti i nostri baci.

Quelli dati, quelli rubati, quelli promessi, quelli che non ci sono mai stati e che attendiamo ancora oggi, quelli che ci hanno sorpreso, quelli che sono durati qualche secondo appena e quelli invece che hanno saputo fermare il tempo. Solo baci e le lacrime di Salvatore, che poi sono anche le nostre. Solo emozione e la musica di Ennio Morricone. Per una volta, davvero, senza parole: vorrei che anche quegli studiosi americani guardassero in silenzio e capissero che cos’è un bacio.

http://www.youtube.com/watch?v=BW_-0H_u3RQ 

domenica 13 febbraio 2011

San Valentino: un film per ogni amore

Rose rosse, cioccolatini, cuori appesi nelle vetrine del centro: è come se il mondo - ogni anno - riconoscesse il proprio bisogno d'amore e - nell'avvicinarsi alla fatidica data - si scoprisse pieno di inguaribili romantici. Come se gli altri 364 giorni fossero solo un lungo preambolo a questo giorno che - ogni anno - mi sorprende sul divano di casa mia, a ridere con le amiche.

Per tutti gli innamorati (di un compagno/a o dell'amore) che desiderano un film "personalizzato", alcuni piccoli consigli che spero possano essere utili

- a chi coltiva un'indomito spirito romantico, e crede in qualcuno che troverà e saprà riconoscere al di là di barriere temporali e spaziali, Un amore tutto suoPossession o ancora La casa sul lago

- a chi frequenta matrimoni e ogni sorta di evento sociale nella speranza di incrociare il proprio principe azzurro, una selezione di film per l'occasione. Iniziando da Affari di cuore (consigliatissimo, Jack Nicholson e Maryl Streep in grandissima forma), continuando con la commedia inglese Quattro uomini e un funerale. A chi invece il matrimonio lo sogna da sempre, il pungente e ironico Matrimonio all'inglese e il piccolo capolavoro La sposa turca.

- agli uomini innamorati di uomini, o alle donne innamorate di donne, lo struggente Happy Together, il conosciutissimo Brockenback Mountain, il malinconico-patinato A single Man oppure il coraggioso Viola di mare. E ancora un piccolo gioiello inglese, sorretta da una sceneggiatura perfetta che nell'atto finale stupisce fino a commuovere: La moglie del soldato

- a quegli uomini che non possono fare a meno di amare donne impossibili e a tutte quelle donne normali che li attendono in silenzio, una delle storie d'amore più belle degli ultimi anni, Two lovers, profondo, sensibilissimo e assolutamente realistico

- all'eterno sogno del "numero 3", uno dei film più belli di Trouffat (Jules et Jim) con una magnetica Jeanne Moreau, oppure il più recente Vicky Cristina Barcelona, con la sensualissima coppia Penelope Cruz- Javier Barden, oltre al più banale (ma è sempre Woody, signori) Match Point.

- agli amori impossibili nella quotidianità, che però rimangono addosso tutta una vita, I ponti di Madison County, Il Principe delle Maree e (lo ammetto) il mio preferito, Come eravamo.

Qual'è il mio film di San Valentino? Io e Annie, perchè in fondo mi ritrovo in Diane Keaton, controcorrente, nevrotica, sempre alla ricerca di stessa. Che dire? Attendo il mio Woody!
Questa è solo una prima selezione .. per chi vuole altri consigli, la mia mail rimane sempre la stessa.

lunedì 7 febbraio 2011

sfiga o saturno contro?

L'altra sera mi sono sono sorpresa a spiegare ad un'amica dell'ariete, stanca di un biennio di separazioni e repentini capovolgimenti, il vero senso dell'avere "Saturno contro": questo pianeta, quando si trova in opposizione ad un determinato segno, lo destabilizza , privandolo di tutte quelle sicurezze e di quei legami concreti che - puntualmente - finiscono per diventare non parte della nostra vita, ma vera essenza. Saturno contro permette di ricominciare, di rompere - anche se spesso in modo doloroso - con situazioni che ci impediscono di cambiare e rinascere: dal mio punto di vista, dopo un faticoso passaggio di questo Pianeta nel mio segno, ammetto che i benefici, per quanto faticosamente raggiunti, sono solidi e profondi.

Film sull'argomento, l'omonimo Saturno contro di Ferzan Ozpetek, regista (più o meno) specializzato nei film corali che, con uno sguardo d'insieme (faticosamente) coglie le dinamiche emotive di un gruppo di amici che si trovano ad affrontare un lutto che destabilizza il loro mondo. Perchè la perdita di un compagno o di un amico è qualcosa che strazia l'anima e fa riemergere tutto ciò che non è mai stato detto, tutti quei momenti che non sono stati vissuti, tutte le cose che non sono ancora state "cose" ma solo idee. Unica soluzione, "staccarsi" fisicamente dal passato, lasciarlo fluire indietro e rimettersi in gioco, consapevoli che da certe ferite non si guarisce davvero mai. Solo si impara a convincerci, forse. Bella l'interpretazione di Ambra nel ruolo della cocainomane impasticcata di nozioni di astrologia e di sensualità latente, ma soprattutto quella dell'attrice feticcio di Ozpetek, Serra Yilmaz, che rappresenta - come nelle Fate ignoranti - la vera anima del gruppo.

Alla mia amica, e a tutti quelli che hanno Saturno contro, posso solo augurare buona visione e buona rinascita.

http://www.youtube.com/watch?v=N1Z1nSS0po4


mercoledì 2 febbraio 2011

le donne e il telefono - parole parole parole..

Sono giorni che attendo una telefonata che non arriva e passo le ore a fissare lo schermo del mio i-phone che, per quanto rivoluzionario, non può assecondare questo desiderio. Lo guarda, imbambolata, e mi domando perchè uno strumento così banale diventi nelle mani di noi donne prolungamento di amori, strumento ora di piacere e ora di tortura psicologica, oggetto della discordia e di paci sussurrate, rappresentazione di un atavico senso di possesso e di appartenenza reciproca.

Film che mette in scena questo sentimento di odio-amore per il telefono è "Donne sull'orlo di una crisi di nervi", capolavoro acerbo di uno dei miei registi preferiti, Pedro Almodovar, che aveva lavorato per anni in una compagnia telefonica e trasferisce in questo film dalle tinte forti e dai personaggi grotteschi il suo sentimento di odio verso questo oggetto. Storie di donne condizionate da segreterie telefoniche, da telefoni che squillano ed altri che tacciono, di telefoni rotti e riparati, di nevrosi che corrono lungo i fili.

Altro film sull'argomento, di taglio molto più emotivo, è "L'amore" di Roberto Rossellini con Anna Magnani: monologo tra una donna disperata e il suo uomo che la sta lasciando durante la telefonata.  Si passa dall'inizio magistrale "Pronto sei tu, pronto sei tu, pronto non sento niente, ti sento lontano", allo sforzo di essere razionale e di nascondere il dolore, al tentato suicidio. Solo la voce e lo sguardo di lei, solo la certezza che, a distanza di anni, quel rapporto con il telefono (o i-phone si voglia chiamare) sia rimasto del tutto invariato. Cambiano i tempi, i mezzi, ma non cambiamo noi.

E voi uomini, un personaggio cinematografico maschile che parla d'amore al telefono?

martedì 1 febbraio 2011

l'amore e i giornalisti nella vita reale

L'ultima mia cotta colossale risale a più di un anno fa,  pensavo ieri sera aggirandomi tra le due stanze del mio micro appartamento di ringhiera. Oggetto della mia attenzione, un giornalista. Massima espressione di quel "Quarto Potere"  raccontato ed interpretato da Orson Welles; affascinante Robert Redford ("Tutti gli uomini del presidente") impegnato in un articolo che aprirà la procedura di impeachment nei confronti di Nixon e poi condannato a voler "dare la notizia"  nel successivo (e più romantico) "Qualcosa di personale"; ruvido come Russell Crowe in State of Play; incapace di arrendersi all'evidenza dei fatti e al fallimento di un'inchiesta come Paul Avery nel noir "Zodiac"

Giornalisti: categoria celebrata dal cinema, anche se spesso ridotta a sterotipi: non ho mai capito perchè dovessero sempre essere fascinosi, idealisti, dediti totalmente a quella che spesso era una vera e propria "missione" e soprattutto anaffettivi. Forse il giornalismo crea una sorta di "dipendenza"dalla notizia, che assume il ruolo e valore di una compagna in carne d'ossa? Non lo so.. di certo i giornalisti della vita vera sono molto diversi.. non in tutto però, purtroppo.

E voi, qual'è il vostro personaggio/giornalista preferito?

domenica 30 gennaio 2011

la ricerca della casa - Home

A tutte le amiche e gli amici che stanno arredando casa; a quelli  che l'hanno appena comprata e discutono di piastrelle bianche o di parquet; a quelli che lasciano una casa simbolo di amore e poi amicizia per tornare ad una alla quale appartengono da sempre; a quelli che si trasferiscono per inseguire un sogno diventato improvvisamente reale. A tutti loro, e a me che ho finalmente trovato un nido che mi somiglia dopo tanti, troppi traslochi, dedico Home, un film che fa ridere, piangere e pensare. 

Primo cortometraggio di Ursula Meier, regista che nei prossimi anni non mancherò di seguire, il film parla di una famiglia francese che vive da anni ai margini di un tratto di autostrada mai attivato, prolungamento naturale della loro casa. Eppure un giorno la strada viene riaperta al traffico, e il "mondo" invade la casa e la vita della famiglia, improvvisamente sommersa da una società rumorosa ed assordante che ne mina spazi ed equilibri. Nel tentativo di salvaguardarsi, la famiglia tenta una chiusura nel proprio mondo-casa, per poi comprendere che è necessario aprirsi all'esterno ed accettare le regole di un mondo che cambia troppo in fretta. Da apprezzare - in particolare - una Isabelle Huppert straordinaria nel ruolo della madre nevrotica e piena di paure, ma anche gli altri personaggi, ritratti grotteschi ed insieme reali di un piccolo mondo che ha paura di trasformarsi.

A tutti coloro che sono alla ricerca della loro casa e di quella che sarà la loro nuova vita, un film che vi accompagni, ovunque andiate

mercoledì 26 gennaio 2011

Silenzio. Figli di un dio minore

Questa mattina mi sono svegliata con una strana sensazione sulla pelle. Il bisogno di silenzio, di sospendere le parole e i rumori, di galleggiare a mezz'aria. Sarà, come dicevamo ieri con un amico, che abbiamo sempre più bisogno di riempire i vuoti tra le persone, di farlo con parole a volte del tutto inutili, e che a volte si vorrebbe solo sentire quello che c'è oltre.

Film meraviglioso su questo tema è Figli di un Dio minore (Randa Haines, 1986), la storia di un insegnante - James Leeds ( William Hurt)- che si innamora di Sarah, donna delle pulizie sordomuta (Marlee Matlin, Oscar quell'anno per la sua interpretazione) impiegata nello stesso istituto dove lui insegna. Tra i due nasce una storia d'amore che rivela le fragilità di entrambi, la difficoltà di comunicare e di essere se stessi, rendendoli insieme più forti e consapevoli. Film dove sono i silenzi - sopratutto quelli di Sarah - a parlare, è anche la storia di una donna modernissima che nasconde dietro ad una maschera di fierezza ed aggressività la paura di essere ferita, finendo per costruire un muro che la difende da quel mondo con il quale ha semplicemente smesso di comunicare. Scene bellissime quelle girate in piscina, il luogo nel quale entrambi si rifugiano perchè privo di rumori: solo luce e silenzio e acqua, vero e proprio fil rouge del film. Quello di cui avrei bisogno oggi.

lunedì 24 gennaio 2011

Cous cous e le donne

Metti una sera a cena quattro donne, un uomo e un gatto: scena che si ripete quotidianamente a casa mia. Le donne se ne stanno lì, una di fronte all'altra, con i volti arrossati e sorridono, bevono, fumano e parlano, una sopra l'altra, una più forte dell'altra. Parlano con gli occhi lucidi per le risate mescolate al vino. Parlano e sanno di mandarini sbucciati, di detersivo per i piatti e di cioccolato al rum. Parlano e prima ancora di finire un discorso, ne hanno già inizato un altro.

L'uomo sta seduto e le guarda, creature sospese tra cellulari, fornelli e acquai. Le guarda come se le vedesse per la prima volta e si sorprende delle loro piccole nevrosi, di quel cinismo apparente che finisce inevitabilmente per cedere a romanticherie da ragazzine. Le guarda e mangia, senza dire nulla. Solo ogni tanto scatta loro una foto, come per meglio capirle, come per fermare il loro divenire continuo. Le guarda e si stanca per loro e di loro.

Ecco, una scena simile la ricordo nel piccolo gioiello del 2008, Cous Cous (Abdel Kechiche): la storia di un uomo di 60 anni, Beji, tunisino immigrato in Francia, che scopre di aver perso il posto di lavoro. Beji è un uomo stanco, silenzioso, apparentemente privo di sogni, la cui vita è essenzialmente scandita dalle donne delle sue due famiglie. Donne ingombranti, troppo rumorose, a volte rivali tra loro, inconciliabili per caratteri e per destini personali. Donne che a volte non ascoltano i propri uomini, che li guardano con aria di sufficienza e li stordiscono di troppe parole. Eppure, quando Beji decide di aprire un ristorante di cous cous, sono le sue donne ad aiutarlo, a dargli appoggio e coraggio, a risolvere situazioni improbabili. Perchè le donne, nel film di Kechiche, non creano problemi, ma li risolvono con creatività, superando ogni genere di barriera culturale ed affettiva in nome dell'amore e di un sogno che diventa quello di tutti e che - forse - si può davvero realizzare.

E credo che questo valga anche nella vita vera.. spero sempre in un uomo in grado di comprenderlo.

http://www.youtube.com/watch?v=G8YgFGaiiDU

domenica 23 gennaio 2011

American Life e l'amore a 35 anni


Verona e Burt, i protagonisti di American Life (Away we go, Sam Mendes), sono due 35enni abbastanza tipici: confusi, forse un po' immaturi, hanno due lavori precari e vivono in un prefabbricato che assomiglia ad una casa. Eppure, a differenza di molti, si amano profondamente e proprio per questo, quando lei rimane incinta, partono per un lungo viaggio attraverso l'America, alla ricerca di un posto nel quale iniziare una nuova vita.

Partono. Lui ha l'itinerario del viaggio cucito nella giacca e lei la pancia troppo grossa: il passato sembra appartenere ad un'altra vita e il futuro - se un futuro esiste - è a diverse ore di volo. Sullo sfondo, un'America fatta di tette troppo piccole e orecchie troppo grosse, di parole destinate a rimanere "rumori di fondo" e nuovi credi che nascondono le paure di sempre: ma questo non è che il contorno del loro mondo, del microuniverso a cui entrambi appartengono e che è regolato da un'unica regola, l'amore.

E allora poco importa che il film sia a tratti scontato e i personaggi prevedibili, perchè ciò che commuove è la dolcezza dello sguardo di Burt nell'accarezzare la pancia di Verona, la voglia e il coraggio di partire alla ricerca di qualcosa di meglio, che assomigli ad entrambi. Ecco, in questo credo che Burt e Veronica non siano i tipici 35enni di oggi proprio perchè hanno ancora voglia di rischiare, e di farlo insieme, uno per l'altra, uno insieme all'altra.