martedì 22 marzo 2011

come una fenice

Una cosa che mi ha sempre affascinato sono i contrasti e le contraddizioni insite nell'essere umano.Il lato buio, oscuro, lo ying-yang, l'essere che si evolve e finisce per diventare altro.

Pensiamo alla danza classica, ad esempio: che dire, poesia, eleganza, corpi statuari che diventano energia, note che scivolano addosso. O almeno così ci è sempre stata presentata al cinema che si è focalizzato sul suo lato leggero e poetico, su tutù bianchi che spiccano il volo, leggeri e quasi privi di alcuna carnalità. Ma la danza non è solo questo e il film di Aronofskj, The Black Swan, lo dimostra, mettendo in luce la fatica, i piedi distrutti da ore di prove e punte di gesso, la necessità di avere un totale controllo di corpo e anima, la rivalità tra colleghe e l'ingannevolezza del successo, che si conclude con un semplice spegnersi delle luci.

Ma ciò che è affascinante e quasi seducente nel film di Aronofskj è la lotta umana per vincere ed affermarsi sul proprio io, il desiderio di liberarsi del proprio corpo, di cambiare carne e trasformarsi in qualcosa che si sente pulsare nelle vene. E' il processo attraverso cui il cigno bianco - innocente e casto - si trasforma in quello nero, sensuale e carnale. Il momento in cui l'adolescenza trapassa nella maturità e in una rinascita che significa anche "morte". Perchè il cambiamento, l'evoluzione, non può che essere rappresentato dalla fenice che brucia e poi rinasce dalle proprie ceneri.

Dedicato a tutti colori che stanno bruciando, o che sono rinati più volte. A tutti coloro che, per qualche inspiegabile motivo, sanno di essere un po' fenici.

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