martedì 7 giugno 2011

in metropolitana

Diciamolo.. noi milanesi, cittadini di una metropoli che pare non fermarsi mai, ci sentiamo rappresentati (purtroppo) da quelle 3 linee che si dipanano sotto terra: gialla, rossa e verde. E ci sorprendiamo a chiedere: dov'è quel determinato posto? Sulla gialla, la rossa o la verde? Come se le nuove coordinate geografiche avessero improvvisamente assunto un colore.

E così ogni mattina e ogni sera, 7 giorni su 7, mi siedo (quando sono fortunata) tra giornali, cellulari, i-phone, i-pad e i-qualsiasi cosa e mi sorprendo ad osservare chi mi circonda. Dico chi, non che cosa, anche se sembrerà strano, perchè il mondo della metropolitana mi affascina, in quanto "ponte" tra un luogo ed un altro.

A tutti quelli che la pensano come me dedico una delle scene principali di un piccolo capolavoro, La leggenda del re pescatore,(Terry Gilliam, 1991), che si svolge interamente nella stazione centrale della metropolitana di New York. E'qui che Robin Williams vede la donna che ama, pur senza conoscerla. Lui sta lì, immobile, e la aspetta al solito orario: basta un attimo e, nel momento in cui la vede, la metropolitana si trasforma in una sala da ballo e le persone, passeggeri estranei e frettolosi, iniziano a danzare.

Scena romantica e magica per un film magistralmente girato da Terry Gilliam e interpretato da Robbin Willams e Jeff Bridges: favola metropolitana d'amicizia e d'amore per tutti quelli che - ogni tanto - vorrebbero sognare anche a Milano. Anche in metropolitana.


http://www.youtube.com/watch?v=PHbr_8mmu_c

giovedì 21 aprile 2011

uomini versus donne

Una donna e due amici insieme per 3 giorni (con la comparsa di figli/e & improbabili amanti che forse desiderebbero diventare altrettanto improbabili fidanzate). Lei - in preda a sbalzi d'umore tutti femminili - passa il tempo a rimuginare su amori che forse erano solo calessi e si adombra ad ogni nuvola che le sorvola la testa boccolosa; loro sghignazzano sulle note di battute e canzonette di un tempo ormai pericolosamente lontano, alternandole a citazione dantesche. Discorso ricorrente: uomini, donne e ciò che - nonostante tutto - continuano a volere gli uni dagli altri: il sesso.

Sì lo so, non è solo questo, ma ogni tanto mi chiedo se questo nostro continuo scambiarci numeri di telefono, ammiccare, sedurre, corteggiare, flirtare sia dovuto ad un semplice "fattore pelle": per chi si pone questa domanda, assolutamente imperdibile il film di Denys Arcand, Il declino dell'impero americano.

Il film, satirico, ironico, sorretto da dialoghi precisi e taglienti, si svolge in una casa (incredibile analogia con il mio weekend) dove un gruppo di intellettuali (uomini) discute su i propri rapporti con le donne, che nel frattempo stanno facendo body building in una palestra vicina, scambiandosi confidenze sui propri compagni. Tutto sembra filare liscio, ma il confronto con l'altro sesso è più difficile del previsto, per cui, quando il gruppo si ricompone, gli equillibri si spezzano.

Da non perdere il dialogo su corteggiamento - discoteca & sesso: dedicato a tutte quelle donne che DAVVERO credono di essere uniche e speciali, a tutti quegli uomini che seducono per gioco più che per convinzione, e - in particolare - a M e A.

http://www.youtube.com/watch?v=etgwoRMBgcw&feature=related

martedì 12 aprile 2011

Welcome to Italy!

Leggiamo tutti i giorni - nell'ultimo periodo - di immigrati che contnuano a sbarcare a Lampedusa, di come accoglierli, smistarli in Italia o in Europa, rimandarli indietro, aiutarli, salvarli, proteggere la nostra economia, i nostri posti di lavoro, le nostre vite, eppure nessuno si chiede quello che mi interesserebbe sapere. Quali siano le loro storie. Proprio così: cosa raccontano i loro occhi terrorizzati e i visi stravolti, cosa c'è dietro a quelle teste chine mentre vengono reimbarcati su un'altra nave che li riporterà in un luogo che era il punto di partenza e che ora diventa punto di arrivo.

Film bellissimo sull'argomento è Welcome (2009) di Philippe Loiret con Vincent Lindon. Storia di un giovane curdo, Bilal, che attraversa l'Europa in modo roccambolesco per raggiungere la sua amata in Inghilterra.Eppure il suo viaggio si ferma in Francia, in un paesino sulla Manica che rimane l'ultimo ostacolo con il suo futuro. E - dopo aver provato a superarlo in modo clandestino - si onvince che l'unico modo per attraversare lo stretto - anche se improbabile e spaventoso - è farlo a nuoto: per questo prende lezioni di nuoto alla piscina comunale, dove conosce Simon, il suo insegnante, la cui vita è stata spezzata dalla fine del proprio matrimonio. Tra i due nasce un rapporto di amicizia e solidarietà, che li unisce contro una società razzista, nascosta dietro ad un perbenismo d'etichetta.

E' il racconto di un ragazzo cocciuto che è scappato dalla propria terra per una nuova vita; di un uomo che non riesce a dimenticare un amore e a ricominciare da oggi, ma soprattutto di un mondo che, dietro ad uno zerbino con su scritto "WELCOME" si chiude su se stesso, terrorizzato dal "diverso"

Per tutti coloro che in questi giorni si stanno facendo molte domande

http://www.youtube.com/watch?v=dvImtvPyVlc

giovedì 31 marzo 2011

televisione o libertà?

Non so se a voi è mai capitato, ma ogni tanto mi sembra di essere osservata da centinaia di occhi invisubili: stanno lì, incollati dietro a telecamere che ci monitorano giorno dopo giorno, a leggere, spiare e registrare tutti i miei movimenti, silenziosamente catalogandoli sotto la lettera "C". Li sento, nascosti dietro ai portali che visito abitualmente, alle strade che percorro a memoria, alle vetrine nelle quali mi rispecchio come per caso, alle telecamere che osservano i tipi di verdura che compro in un supermercato di provincia.

Non c'è nulla da fare, solo essere consapevoli di essere vittime di una società sempre più vojeurista ed apprezzare il fatto di saperlo. Perchè - e mi viene spontaneo il paragone - pensate a Truman, l'ignaro protagonista del capolavoro di Peter Weir (The Truman Show, 1998), cosa deve significare essere il personaggio principale di un reality show senza saperlo?

Per Truman è proprio così: la sua vita non ha nulla di vero, in quanto governata da un regista-dio onnipotente e costantemente spiata da centinaia di telecamere che la proiettano nelle case di tutto il mondo. E così, prima che i reality diventassero un nuovo modo di fare televisione, Weir ci stupisce raccontando una favola (reale) dei nostri giorni che dovrebbe fare pensare e riflettere: la curiosità dei telespettatori che vogliono osservare, sapere, conoscere, entrare in una vita che finiscono quasi per non rispettare più, l'essere spietato di un regista-autore che crede di potere gestire la vita di quello che considera come "suo" figlio, l'ostinazione di un uomo che vuole vivere la sua verità.

Commovente, terribile, e straziante il dialogo finale tra il Creatore di uno show televisivo e la star, che scopre che non c'era verità nella sua vita e forse non ci sarà nemmeno nel mondo reale: ha paura, non sa se rimanere o andare eppure, con un atto di grande coraggio, si congeda dal suo pubblico con un inchino e inizia a vivere

A tutti coloro che - ogni tanto - pensano di non essere liberi fin in fondo.

martedì 22 marzo 2011

come una fenice

Una cosa che mi ha sempre affascinato sono i contrasti e le contraddizioni insite nell'essere umano.Il lato buio, oscuro, lo ying-yang, l'essere che si evolve e finisce per diventare altro.

Pensiamo alla danza classica, ad esempio: che dire, poesia, eleganza, corpi statuari che diventano energia, note che scivolano addosso. O almeno così ci è sempre stata presentata al cinema che si è focalizzato sul suo lato leggero e poetico, su tutù bianchi che spiccano il volo, leggeri e quasi privi di alcuna carnalità. Ma la danza non è solo questo e il film di Aronofskj, The Black Swan, lo dimostra, mettendo in luce la fatica, i piedi distrutti da ore di prove e punte di gesso, la necessità di avere un totale controllo di corpo e anima, la rivalità tra colleghe e l'ingannevolezza del successo, che si conclude con un semplice spegnersi delle luci.

Ma ciò che è affascinante e quasi seducente nel film di Aronofskj è la lotta umana per vincere ed affermarsi sul proprio io, il desiderio di liberarsi del proprio corpo, di cambiare carne e trasformarsi in qualcosa che si sente pulsare nelle vene. E' il processo attraverso cui il cigno bianco - innocente e casto - si trasforma in quello nero, sensuale e carnale. Il momento in cui l'adolescenza trapassa nella maturità e in una rinascita che significa anche "morte". Perchè il cambiamento, l'evoluzione, non può che essere rappresentato dalla fenice che brucia e poi rinasce dalle proprie ceneri.

Dedicato a tutti colori che stanno bruciando, o che sono rinati più volte. A tutti coloro che, per qualche inspiegabile motivo, sanno di essere un po' fenici.

lunedì 14 marzo 2011

Salire su un ring - The fighter

Amo i film sulla boxe, lo ammetto: film di eroi moderni che prendono a cazzotti la vita e sfidano qualcosa di molto più importante di un avversario. Boxe e film è un'unione spettacolare, forse perchè il genere di sport lo è: non ci sono appelli, secondi tempi, gironi di ritorno, nulla. Si sale sul ring e ci si gioca tutto fino in fondo, sapendo che quello che è c'è in campo è più di un titolo, ma la vita stessa. Quella da cui si proviene e quella che batte dentro ad ognuno di noi.

Di film sull'argomento ne sono stati fatti a decine, eppure qualcosa di nuovo è stato detto recentemente dal film The Fighter (David O. Russell), il vero trionfatore (almeno per ciò che mi riguarda) agli Oscar 2010.

Storia (vera) di Mickey Ward e suo fratello Dicky (spettacolare e irriconoscibile Christian Bale), tutti e due pugili, tutti e due vittime di una madre manager e di una famiglia di sole donne, tutti e due che cercano il proprio percorso. Dicky l'ha trovato in una vittoria contro Ray Sugar Leonard e poi nel crack, discesa negli inferi di un uomo troppo debole. Il secondo invece lo trova nel riscatto che lo porta lontano dalla famiglia e dal fratello, gli insegna un nuovo modo di amare e lo fa diventare non solo campione del mondo, ma uomo. Perchè la boxe è uno sport da grandi e solo crescendo si può vincere, anche contro se stessi.

Bel film, che insegna tanto sui rapporti familiari più che sulla boxe, vera e propria metafora della vita: a tutti coloro che sono andati lontano per ritornare alle loro origini.

martedì 8 marzo 2011

festa della donna: per tutte noi che corriamo con i lupi

Oggi, e non solo oggi, sono orgogliosa di essere donna. O femmina, come a volte ci chiamate voi uomini in modo ironico e sprezzante. Consapevolmente innamorata del mio essere femminile, di quel "sentire" che ci accomuna tutte, lontane e vicine, al di là di differenze culturali, religiose, anagrafiche, sociali e di razza. Semplicemente donne.

A tutte noi, ma proprio a tutte, dedico e consiglio un film unico , acclamato a Venezia e candidato all’Oscar 2010 come migliore film straniero: La donna che canta (Incendies) di Denis Villenuve. Film che colpisce, commuove e ferisce, è la storia (forse un po’ troppo strutturata ed inverosimile) di una donna libanese, Nawal, il cui cuore arde fino a farle rischiare anche la sua stessa vita, di una figlia che non ha paura di conoscere la verità e di un Paese distrutto da un conflitto.

Nawal siamo tutte noi, vittime d’amore e d’odio, coraggiose e ostinate, animate da una forza che non ha nome ne’ limite e che ci manda avanti, giorno dopo giorno. La sua storia – in un Libano devastato da conflitti - non può essere la nostra, eppure ci si riconosce in lei, nelle sue scelte azzardate e istintive, nel suo “sentire” prima di “capire”, nella freddezza apparente nella quale si rinchiude nella seconda parte della sua vita, quella dedicata ai due gemelli Jeanne e Simon.

Eppure il destino la perseguita e con un atto finale inverosimile ma di disumana bellezza la tramortisce: il cerchio improvvisamente si chiude, ed è il momento in cui tutto è chiaro, quello che ognuna di noi cerca, in se stessa o nel mondo che ci circonda.

Un film sull’amore che vince sull’odio, sul bisogno e la voglia di ritrovarsi, dedicato a tutte quelle donne che “corrono con i lupi”, l’essere “naturale” e selvaggio che si nasconde in ognuna di noi. E - perché no – dedicato anche a quegli uomini che sanno correre con le donne.

http://www.youtube.com/watch?v=FpccF5GCzJI